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Quando pensiamo al rapporto che esiste tra i nostri sensi e i cibi o le bevande, la percezione che viene immediatamente associata all’alimentazione è il gusto, proprio perché l’assaggio è la fase all’apparenza più importante di ogni degustazione.

Anche se abbiamo già evidenziato che è meno specifico dell’olfatto, il suo principale pregio è proprio quello di essere relativamente semplice da interpretare: i sapori che si possono percepire non sono molti, quindi isolarli e contestualizzarli non è una capacità complessa da acquisire, a patto che si tengano in considerazione alcuni concetti fondamentali.

Della prima di queste premesse abbiamo già parlato nel precedente articolo, in riferimento all’olfatto: tantissime delle percezioni che sentiamo nel cavo orale non sono gusti, ma odori che passano dalla bocca alle narici, seguendo la strada interna delle nostre vie aeree e formando il nostro retro olfatto.

Inoltre, non sono solo gli aromi ad essere percepiti nel cavo orale senza essere veri e propri gusti: anche le sensazioni tattili, di cui parleremo meglio nel prossimo approfondimento, vengono lette da recettori che si trovano nella nostra bocca, dandoci sensazioni che possono essere confuse con i sapori.

Quindi, una volta escluse queste sensazioni, non sarà più così complesso capire quali sono i nostri gusti fondamentali. Dolce, salato, acido e amaro sono le percezioni che da sempre associamo alla superfice della lingua e alle papille, dei raggruppamenti di cellule che sono capaci di recepire in maniera specifica i diversi gusti ed elaborarli.

La loro posizione è da anni il centro di accesi dibattiti tra gli studiosi: fino a qualche tempo fa si pensava che le papille capaci di recepire lo stesso gusto fossero tutte raccolte nella stessa posizione in aree specifiche della lingua, mentre oggi sembra ormai certo che siano distribuite con solo una maggiore concentrazione nelle aree tradizionali. Possiamo capire meglio questo concetto con un esempio: assaggiando dello zucchero ci accorgeremo immediatamente che la dolcezza è davvero più percepibile sulla punta della lingua, ma che comunque la sensazione è presente ovunque.

Un’altra sorpresa è il fatto che i gusti ufficialmente riconosciuti non siano davvero quattro ma cinque. L’ultimo che è stato accettato è l’ ”Umami”, un termine che deriva dal giapponese e significa “saporito”; è stato coniato per identificare il sapore tipico di alcune alghe e brodi tipici della cucina asiatica che contengono Glutammato, molecola che segue un percorso recettivo diversificato.

Nella nostra alimentazione, è uno degli ingredienti più usati nella produzione del dado da cucina e una percezione sensoriale simile si trova in diversi formaggi stagionati come il Grana Padano o il Parmigiano reggiano. Non dobbiamo dimenticarlo perché, anche se non è presente nel vino, sarà sicuramente protagonista dei nostri abbinamenti con i taglieri tipici della tradizione.

Anche se grazie a questi approfondimenti abbiamo compreso che il nostro organismo ha molte potenzialità nascoste, il gusto resta senza dubbio un aspetto fondamentale di ogni alimento che non può essere sottovalutato se vogliamo arrivare a scoprire le caratteristiche di un vino, ma soprattutto se desideriamo divertirci a valutarlo e abbinarlo.

Chiara Perego

Chiara Perego

Enologo

Chiara Perego è un giovane Enologo che ha conseguito la laurea in Viticoltura ed Enologia nel 2017 presso l’Università degli Studi di Milano.

Dopo diverse esperienze di vendemmia in alcune delle maggiori zone vitivinicole del Nord Italia e in Francia, ora è impiegata presso “Azienda Agricola Sgreva”, una realtà imprenditoriale familiare nella zona di produzione del Lugana DOC.

Oltre a questo, si occupa anche di attività inerenti alla comunicazione del vino, soprattutto riguardanti l’analisi sensoriale, con l’obbiettivo di cercare di trasmettere la passione per questo mondo affascinante, con nozioni che siano scientificamente corrette, ma nello stesso tempo non noiose e comprensibili anche per chi non lavora nel settore.

 

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